Fabio Maria Alecci

I PANNI SPORCHI SI LAVANO IN FAMIGLIA

Un sontuoso abito da principessa attende dentro la Lavanderia Luca di Ye Shiliang. In attesa di essere puliti anche degli indumenti intimi, non si sa se della stessa principessa o di altra, preziosa creatura. Fabio Maria Alecci gioca su uno dei capisaldi della coscienza borghese, che tale resta anche se si riverbera sulla nobiltà: “I panni sporchi si lavano in famiglia”. E una sorta di punizione attende chi non ubbidisce a questo dettato, come ammonisce la tragedia della principessa per antonomasia, Lady D. Come ricorda quel crine, un tempo materia viva e ondeggiante, ora chiuso nella plastica, ridotto al silenzio. Nella plastica si tace. Le macchie, lo smog, il sudore che si depositano sugli abiti che portiamo a pulire costituiscono una sorta di memoria da rifiutare, da cancellare, una volontà di tornare “come nuovi”. E di questa presunzione del tornare come nuovo, nell’abito e nell’habitus, l’artista ci indica tutta l’imperfezione concettuale. La plastica è più di un inerte materiale per Alecci, così come la sua invadenza, che poi è la nostra, è ormai molto di più che residuale per l’intero pianeta ed egli si confronta in solitaria con la sua aggressiva permanenza da molti anni. “La plastica mantiene la sua memoria iniziale” dice, scardinando l’illusione che, una volta recuperata, bagnata di nuovo, scaldata, la si possa trasformare senza una sorta di lotta con una materia che è capace invece di sfidare l’idea di duttilità e ridurre al silenzio ciò che essa circonda. Fabio allora lavora sull’estetica di ciò che resta, cercando di riconquistare all’occhio quel nitore che permette di vedere in trasparenza, con chiarezza. Il nitore del pulito. [Michela Becchis]

Fabio Maria Alecci | tel. 3385056897 | fabiomalecci@gmail.com | www.facebook.com/alecci2018/